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domenica 22 agosto 2010

I Racconti: Pane, Marchionne e....Fantasia! - Terza puntata - Fantasia Presidente Fiat e lo Staff

Sala gremita al terzo piano del Lingotto e pronta per votare il nuovo Amministratore delegato dell’impero Fiat.

All’entrata di Fantasia partono applausi assordanti con qualche fischio di contestazione, robetta di poco conto. L’assemblea ha idee ben chiare, voltare pagina sulla politica industriale del colosso torinese. Non è piaciuta a molti soci l’ultima mossa di Marchionne di stipulare accordi direttamente con il presidente statunitense Barack Obama.
 Il nome ed il nuovo ruolo di Fantasia avrebbero comunque assicurato e garantito sul piano operativo e finanziario maggiore stabilità e crescita a tutto il gruppo Fiat. La maggioranza azionaria presente in sala non aveva dubbi: la delega-avallo concessa dal sen. Michele Forte al suo pupillo equivaleva al valore di una polizza assicurativa sulla vita. E su questa polizza garanzia si è riversato il voto assembleare. A dire il vero qualche scheda non propriamente in sintonia con le indicazioni è uscita ma alla fine il verdetto era talmente schiacciante e legittimo da non ammettere alcuna discussione o contestazione : 789 sì contro 11 no.

Una scelta planetaria e rivoluzionaria per gli 800 soci in un momento di stravolgimento globale della produzione sui mercati finanziari e sulla economia mondiale dell’auto.

Il nuovo amministratore stringeva mani e ringraziava frastornato, guardandosi attorno. L’emozione era tanta che il Fanta aveva rinunciato finanche al saluto di ringraziamento pubblico come il protocollo richiedeva: “ farò pervenire a voi tutti un messaggio scritto con allegata una relazione programmatica sull’indirizzo e sulle scelte di marketing che intenderò adottare”. L’idea di dar vita ad una newco non solo a Pomigliano ma anche a Piedimonte era stimolante. Su questa proposta di lavoro il nuovo leader di Mirafiori avrebbe incontrato già dalla prossima settimana Confindustria ed i sindacati. Intanto lasciato il Lingotto a bordo della nuova ammiraglia con tanto di autista e scorta, l’AD prendeva possesso dei locali e dell’ufficio al quarto piano della palazzina di Mirafiori in corso Giovanni Agnelli a pochi centinaia di metri di distanza dal vecchio stadio comunale di Torino e Juventus.

Dalla finestra del quartier generale si vedeva in lontananza il monte di Superga dove il 4 maggio 1949 alle ore 17,03 si schiantava l’aereo del grande Torino, di ritorno da Lisbona dove aveva incontrato la squadra del Benfica. L’ufficio arredato in uno stile imperiale-cavouriano dava l’idea di trovarsi in un vero e proprio “Stato nello Stato”. Sulle pareti troneggiavano le cornici della monarchia dinastica degli Agnelli con i suoi Re Giovanni I e Giovanni II, i Principi Edoardo II, Umberto e Giovanni Alberto, i cancellieri Valletta e Romiti. Dall’inizio del Novecento, la storia della Fiat si intrecciava con quella dell’Italia. Da oggi il corso cambiava direzione e metteva la freccia su Formia. La vecchia capitale d’Italia del regno sabaudo incrociava le armi con un’altra storica capitale: Gaeta. Il regno sabaudo contro il regno dei Borboni e con in mezzo la Chiesa ed il suo papato. Roba da far rabbrividire finanche il tabaccaio-assessore di Raimondi. La scrivania raffigurante in forma ovale una vecchia 600 degli anni 60’ dava quel senso di sicurezza, autorità e prestigio.

Archiviato il momento delle suggestioni e contemplazioni il neo amministratore si tuffò subito a lavoro. I primi nodi da sciogliere riguardavano la squadra. Bisognava attrezzare subito uno staff all’altezza partendo – come si usa fare in tutte le Amministrazioni pubbliche - dal Capo Gabinetto. La scelta non era facile, il ruolo pretendeva una persona di provata esperienza. L’istinto lo portò inizialmente a puntare su Fabio Pezone, una figura pleonastica legata al mondo della polizza INA –Assitalia del senatore. Ma poi riflettendoci si rese conto che l’operazione presentava non poche complicazioni. Pezone esule in Regione dipendeva dalla Polverini e dal Forte figlio, chiedere il distacco e trasferimento a Torino avrebbe comportato tempi lunghi che Fanta non poteva permettersi. A lui il capo serviva subito così come il gabinetto. Ed infatti si ritirò in bagno anche per pensare. E sul vaso scartò l’idea del capo gabinetto di Cusani, impegnato già in una Spa nemica e quindi incompatibile. La ricerca mentale continuava, gli ormoni cerebrali erano sotto pressione, poi d’improvviso la luce ed il nome: Enrico D’Angelis, il capo gabinetto di una maggioranza di centro sinistra inizialmente assai vicina all’Udc. Una persona Enrico che ai tempi di Bartolomeo era stato un apripista nel rapporto con l’Udc. D’Angelis poi conosceva molto bene la realtà operaia della Fiat nel cassinate avendo la fortuna di lavorare all’interno dell’Università di Cassino. La nomina si sarebbe tranquillamente potuta fare bastava informare il rettore ed il gioco era fatto. Chiusa la casella del capo gabinetto il Fanta si concentrò sulla comunicazione. Serviva un capo ufficio stampa preparato sulle questioni industriali, un tecnico della comunicazione automobilistica, un ACI-Man per intenderci.

Chi poteva rispondere ai requisiti richiesti se non il camerlengo del Golfo Marcello Caliman ? Parlare di Caliman è come se si parlasse direttamente con l’Eccellenza Fabio Bernardo D’Onorio, l’Arcivescovo-Abate trasferitosi dall’Abazia di Montecassino alla balneare Gaeta. Per di più e per fortuna Caliman da qualche giorno non prestava più la sua opera al quotidiano “ Il Territorio” e quindi libero di assumere altri e prestigiosi incarichi. Chiuso anche questo cerchio Fanta passò alla scelta del cerimoniere. Per un’azienda universale come la Fiat il cerimoniale rappresenta il momento più solenne. Un tassello coperto con immediatezza. Il nome si commenta da solo: Roberto Mari. Sarebbe bastata una semplice richiesta scritta da inoltrare alla Loggia nazionale dei cerimonieri ed il gioco era fatto. Il foglietto con le caselle in evidenza sulla scrivania in meno di un’ora era stato coperto. Tutto ok per capo gabinetto, ufficio stampa e cerimoniere. Mancava all’appello la segretaria. Una figura alla Marinella Brambilla, mitica segreteria tuttofare di Berlusconi. E su questo nome l’amministratore delegato andò veramente in tilt. All’inizio aveva pensato alla Trombetta ma la collocazione politica non giocava a suo favore. Poi aveva fatto un pensierino sulla Manzo, scartata all’istante per l’uso improprio di una retorica lessicale ripetitiva. Un segno x anche sui nomi di Giovanna Grimaldi e della professoressa Ada Filosa, quest’ultima icona del condominio di Piancastelli. Niente da fare, a sinistra come a destra il mondo femminile non offriva e non offre figure professionali valide. Le donne per incarichi politici e societari scarseggiano, non ce ne sono. All’improvviso però si materializzò e prese corpo un’idea strabiliante: prendo Carolina, la mignotta di Cellole. Colei che rivelò all’epoca la storia dei politici di Formia con tutti i guai giudiziari che ne derivarono a seguito della pubblicazione del dossier verità sul blog “piccolino” del brillante e multiforme avvocato-fotografo. Un caso di diffamazione e calunnia brillantemente conclusasi con l’archiviazione: la satira non costituisce reato. Vada quindi per Carolina, una quarantenne con un curriculum di tutto rispetto. Abile nel gioco delle mani….nel prendere appunti e… altro, perfetta di bocca e di gola, geniale nel respingere di petto le palle ad effetto, sicura nel fronteggiare con le parti più intime qualsiasi incursione dell’avversario …o cliente. Per dirla alla Fanta: na’ zucculone nata!

Carolina a Mirafiori avrebbe certamente allietata l’agenda nelle noiose e brulle giornate torinesi. Una noia che prende spesso i potenti della terra, ne sa qualcosa Clinton che appunto aveva trovato la giusta medicina in Monica Lewinsky. Lo stesso antibiotico che aveva in mente l’amministratore delegato.

Ultimato l’organigramma di staff, il Fanta lasciò l’ufficio di Mirafiori. Le ombre su Torino erano già calate da un pezzo, la città si offriva alla vita notturna con il suo Valentino, la Torre Antonelliana, il museo egizio, il palazzo reale, la sacra Sindone custodita nell’imponente Duomo. Fanta stanco della lunga giornata preferì rifugiarsi al Golden Palace un cinque stelle al centro di Torino sede dei ritiri di capitan Del Piero. L’indomani sarebbe stata una giornata speciale, doveva regolare i conti con il capo del personale di Piedimonte San Germano, quel napoletano Gennaro ed il suo collaboratore Oliviero che avevano sputato veleno sul suo nome facendolo passare per ladro, approfittatore, scansafatica, speculatore. Tutte accuse che avevano portato il premier Berlusconi – come riferiva lo stesso Fanta su un blog - a prospettare una ipotesi di ministero in sostituzione di qualche finiano con la valigia già pronta.

Ma di questo e di altro parleremo diffusamente nella quarta ed ultima puntata.

s.v. Eclypse


3 commenti:

  1. Il giallo della casa di Montecarlo è acqua fresca di fronte a questa storia
    Vito

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  2. e a pensare che tale personaggio ha fatto il consigliere comunale....pazzesco...

    cosimo

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  3. Caro Cosimo, sono d'accordo con te. E' pazzesco che una persona onesta, istruita e con tanta passione disinteressata come me, abbia fatto il consigliere comunale a Formia. Finalmente qualcuno inizia a capire. Grazie di cuore.

    Delio fantasia

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